In un Paese
in cui parlare apertamente di vagina e pene sembra ancora un atto
rivoluzionario, Pasquale Iezza firma due libri necessari, “Tutto sulla vagina”
e “Tutto sul pene”, con una missione potente: insegnare la sessualità per
prevenire ogni forma di abuso, sessuale e non.
Il corpo non
è un tabù. È casa, confine, linguaggio, scelta.
Ecco perché
le parole di Iezza arrivano come fendenti in un silenzio troppo lungo: con
chiarezza disarmante, ironia intelligente e profondità emotiva, l’autore invita
ragazzi, genitori ed educatori a riprendersi uno spazio fondamentale — quello
della conoscenza del corpo, dell’identità e del desiderio.
Per Iezza, educare
alla sessualità non è un’opzione, ma un’urgenza civile. Significa spiegare
ai giovani che il corpo è proprio e inviolabile, e che anche il corpo
dell’altro merita lo stesso rispetto. Significa trasformare la curiosità in
consapevolezza, dare strumenti concreti per riconoscere i limiti, parlare di
consenso, emozioni, identità, piacere, ascolto, affettività.
Non si può
insegnare il rispetto senza nominare ciò che la società ha relegato al buio del
non detto. Non si può pretendere che ragazze e ragazzi difendano sé stessi da
un pericolo che non sanno nemmeno nominare. E allora Iezza rompe il silenzio
con coraggio:
“Dare il
nome giusto alle cose è il primo gesto di rispetto.”
I suoi testi
sono un dialogo aperto, non un sermone. Non c’è paternalismo, non c’è
allarmismo: solo parole autentiche, vicine, vive. E ci sono immagini che
accompagnano il percorso, illustrate con sensibilità da Cinzia Cannavale, per
dire che la sessualità non si studia soltanto: si guarda, si sente, si
riconosce.
Serve
parlarne presto, con delicatezza e fermezza. Perché i dati parlano chiaro: la
fascia più colpita da infezioni sessuali è quella tra i 15 e i 24 anni. E
l’età scende. Non per colpa loro, ma per nostra: per non averli informati,
ascoltati, educati.
Un’educazione sessuale sana è prevenzione, giustizia,
libertà.
È tempo di
portare questi temi nelle scuole, nelle famiglie, nei gruppi sportivi e nelle
comunità. Iezza lo dice forte e chiaro: servono sex educator preparati, non
improvvisati; serve un linguaggio accessibile e rispettoso, non freddo o
allusivo; serve la forza di abbattere l’imbarazzo e costruire ponti
intergenerazionali.
“Questo non
è un manuale. È una conversazione aperta. Se qualcosa ti fa sorridere,
riflettere o arrabbiare: bene. Vuol dire che stiamo viaggiando insieme.”
E questo
viaggio, oggi più che mai, non può più aspettare.