Già da molto piccolo sono stato abituato a vedere strumenti musicali. Oggi può sembrare normale vista la sovrabbondanza di prodotti a cui ci andiamo abituando senza accorgercene. Ma negli anni Novanta non era scontato avere anche solo una chitarra in casa. Mio padre ne strimpellava una che conservava da quando era ragazzo. Inoltre, avevo una tastiera giocattolo, una diamonica e un’armonica a bocca con cui passavo molto tempo a giocare. La musica in famiglia l’ascoltavamo per lo più in macchina sulle cassette ed era molto varia: da Pavarotti a Dalla, da De Gregori ai Queen. Ma è stato quando a nove anni ho visto la banda musicale della mia città sfilare per le strade, acclamata ed amata dalla gente, che cominciai ad interessarmi più seriamente alla musica. Mi affascinava il sax, ma mi fu consigliato il flauto traverso in quanto simile nella diteggiatura e al momento più necessario, visto che non lo suonava nessuno corpo musicale principale della città. Dopo le prime lezioni private, il mio Maestro Silvio Vitale m’incoraggiò a fare un’audizione al conservatorio dove fui ammesso a soli undici anni. Una volta imparata la teoria musicale come si deve mi venne quasi spontaneo imparare anche la chitarra da autodidatta. Negli anni a seguire iniziai a suonare nelle prime band dove ho scoperto anche la passione per il canto. Ma la sorpresa più grande fu vedere come il flauto stesse bene in qualsiasi genere musicale e decisi di non relegarlo più a strumento esclusivamente da musica classica.
Qui mi devo concentrare… Così spontaneamente forse il ricordo più vecchio che mi viene in mente risale a quando avevo 4 o 5 anni. Ero in viaggio con la mia famiglia sulla nostra Renault 5 color sabbia verso il mare vicino ai templi greci di Agrigento. Il mangianastri faceva scorrere una cassetta di Francesco De Gregori che cantava "Stella stellina” ed io duettavo con lui.
La musica è l’arte di cui i suoni sono il mezzo di espressione ed l’arte della verità. Qualsiasi cosa tu stia provando o pensando mentre suoni non lo puoi nascondere. Spesso riesco a leggere nel cuore di chi sta suonando solo ascoltandolo. C’è solo uno stato d’animo che riesce a bloccare qualsiasi forma espressiva come un cancello nero: la paura.
Andrea Bocelli con la sua versatilità e finezza musicale. Jon Bon Jovi e Steven Tyler con la loro energia musicale e presenza palcoscenica. Francesco De Gregori, Franco Battiato, Fabrizio De Andrè con i loro testi poetici su temi non sempre consueti.
Mi piacerebbe scrivere qualcosa con Francesco De Gregori e Fiorella Mannoia. Di sicuro ne uscirebbe un testo fantastico e in più le nostre voci e il mio flauto ne farebbero un capolavoro.
Quando ho scritto la canzone “Occhi da bambina” non stavo cercando direttamente l’ispirazione per un nuovo brano. Questa ballata rock è nata piuttosto dal bisogno di sfogare il mio cuore, una sorta di terapia, in seguito ad una delusione d’amore avvenuta in un periodo in cui stavo veramente perdendo la speranza sotto tutti i punti di vista. L’amore con le sue gioie e i suoi dolori, penso che resti e resterà una delle principali fonti d’ispirazione per tutte le arti. Nel brano non ci sono riferimenti diretti alla persona in questione, permettendo quindi a chiunque abbia vissuto una situazione simile di identificarsi con la canzone.
Sì, è il bello dell’album. Come un album di fotografie lo si può riordinare secondo principi diversi: per tema, cronologicamente, ecc.
In “Fiore di nuvola” c’è la mia e la storia un po’ di tutti noi. La prima canzone “Matini” racconta in dialetto siciliano gli anni spensierati dell’adolescenza in cui magari un giorno si marinava la scuola per andare a giocare e sognare del futuro tra le verdi colline della mia zona. In seguito arrivano quegli “Occhi da bambina” che come un terremoto scuotono tutto e in preda alla disperazione si fanno spesso scelte impulsive e sbagliate. Io mollai tutto e me ne andai in America per poi ritornare sui i miei passi. La delusione e l’incertezza che ne derivarono ispirarono il terzo brano, “Parole senza senso”. Ma come si dice, la speranza è l’ultima a morire. L’omonima canzone “Fiore di nuvola” è un nuovo inizio, fragile e con la paura di perdere di nuovo tutto. C’è la voglia di amare di nuovo e di rialzarsi. Sensazioni che abbiamo provato in particolare nel periodo della pandemia, oggi ormai agli sgoccioli, ma che ha segnato le nostre vite. “Re senza corona”, la quinta ed ultima traccia, racconta appunto la nostra Italia ferma e attonita di fronte a quella forza della natura, mentre la società cambia ma l’amore non si arrende. In generale posso dire che nell’album c’è una crescita continua basata sui sogni, la speranza e l’amore.
Difficile da dire, perché ogni canzone è come un figlio e non si può dire di amarne uno di più dell’altro. Tuttavia "Fiore di nuvola” non si è guadagnata il nome dell’album per niente. Scriverla mi ha salvato la vita e c’è tanta anima dentro. Questo la rende un po’ più speciale per me.
In estate registrerò un nuovo album. Stay tuned!