Dentro ‘Piangere da solo’ di Santelmo: intervista



C’è un attimo preciso in cui ci si scopre immobili, incapaci di seguire il ritmo del mondo. “Piangere da solo”, il nuovo singolo di Santelmo, nasce proprio lì, nel mezzo di uno smarrimento che non ha un nome ma che pesa come un macigno.

Il brano è costruito su immagini intime e immediate, che raccontano la fatica di fare i conti con un vuoto che non si lascia ignorare. La scelta di una produzione pop morbida e leggera evita al pezzo di affondare nella malinconia, trasformando il dolore in un movimento possibile.
Santelmo parla di fragilità come di un territorio da attraversare, non da temere. “Piangere da solo” è il suono di quel passo lento ma necessario verso una forma di consapevolezza nuova.

Ci spieghi un po’ com’è nata la tua passione per la musica?
La mia passione per la musica non è nata subito. Alle scuole medie avevo ricevuto delle chitarre in regalo, ma all’inizio non le consideravo molto e non ero costante. È un peccato, perché in realtà forse c’era già qualcosa dentro di me, solo che non lo sapevo ancora.
Poi è successo che ho vissuto alcuni periodi di studio e lavoro all’estero, dove la musica è diventata più mia. Compravo chitarre usate per i periodi in cui stavo in una città, passavo ore a suonare da solo in camera, imparando canzoni da autodidatta, oppure con amici e coinquilini, facendo cover e condividendo serate di musica e risate. È stato lì che ho iniziato a costruire un rapporto più intenso e personale con lo strumento e con la musica in generale.
Sono passati alcuni anni prima che iniziassi anche a cantare. Durante il lockdown del 2020, in un periodo emotivamente intenso, ho scritto la mia prima canzone dopo aver visto un film romantico su Netflix. È stato in quel momento che ho scoperto di poter cantare e di poter trasformare le emozioni in musica. Da allora, la musica è diventata sempre più centrale nella mia vita, fino alla pubblicazione dei primi singoli nel 2024.

Qual è il tuo primo ricordo legato alla musica?
I primi momenti in cui ricordo di aver sentito la musica iniziare ad entrare dentro di me sono legati a tre episodi negli anni delle scuole medie. Il primo è tra i banchi di scuola: un mio compagno mi insegnava l’arpeggio di Sweet Home Alabama. Io non ci capivo niente, ma mi era rimasto molto impresso. Il secondo episodio è durante una gita in montagna: mentre ci fermavamo per un barbecue in mezzo al bosco, un altro amico mi ha insegnato gli accordi de La Canzone del Sole di Lucio Battisti. Il terzo episodio è una sera d’estate, in terrazza a casa mia: osservavo mia madre strimpellare la chitarra sulle note di Way Back Into Love, una canzone di un film che avevamo visto insieme.
Erano momenti brevi, ma piccoli attimi come questi hanno seminato dentro di me qualcosa di sottile e profondo… un seme che è rimasto nascosto per anni, e che più tardi, senza preavviso, è esploso facendomi scoprire la mia vera passione per la musica.

La tua definizione di musica.
Per me la musica è un ponte tra il caos che ho dentro e il mondo fuori. È il modo più onesto che ho di comunicare.
 
Quali sono i cantanti che hanno maggiormente influenzato il tuo percorso artistico?
Da ragazzino ascoltavo tantissimo pop punk: Blink-182, Sum 41, Simple Plan. Quelle melodie leggere, fresche, con tonalità allegre, mi restavano dentro e mi trasmettevano un’energia spontanea che ancora oggi cerco nella mia musica.
Poi sono arrivati Ed Sheeran e i Coldplay. Mi hanno fatto capire quanto può essere potente unire una melodia semplice a emozioni sincere, scrivere canzoni che sembrano parlarti direttamente.
Negli ultimi anni mi sono fissato con l’indie italiano: Gazzelle, Pinguini Tattici Nucleari, Coez… con loro ho imparato quanto possa essere intenso raccontare storie e emozioni con semplicità, con testi autentici e melodie coinvolgenti.
Tutte queste influenze mi hanno aiutato a trovare la mia voce, a scrivere canzoni nate dall’istinto e dall’emozione, cercando sempre un equilibrio tra leggerezza, melodia e sincerità.

Con chi ti piacerebbe collaborare o duettare?
Mi piacerebbe molto fare duetti o collaborazioni con altri cantautori emergenti, come me, che stanno cercando la propria strada nella musica. Sarebbe molto stimolante potersi confrontare con chi ha esperienze diverse, scambiarsi idee e trovare nuovi modi di esprimersi attraverso le canzoni.
Sono curioso di scoprire chi potrebbe incontrare la mia musica e con chi potrei creare qualcosa di autentico insieme.

Parliamo del tuo ultimo singolo: come è nata l’idea per questo brano?
Da un periodo di instabilità. Sorridevo, ma solo da fuori. Mi sentivo lontano da me stesso, e avevo bisogno di mettere in musica quella sensazione. È stato quasi terapeutico.

Qualche novità che vuoi condividere, in anteprima, con i nostri lettori?
Sto lavorando a nuova musica e a un progetto più ampio che forse prenderà la forma di un EP. Sarà un lavoro molto personale, più maturo e diretto.

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