Il nuovo lavoro dei Venus Ship, Underground Foxes, è una dimostrazione di come il jazz e il funk possano ancora essere veicoli di espressione sociale e politica, senza perdere la loro essenza ritmica e improvvisativa. L’album, pubblicato da Irma Records, offre un crossover stilistico che abbraccia il groove degli anni ’70, la potenza narrativa dell’hip-hop e le orchestrazioni jazzistiche dal sapore avant-garde.
L’impianto sonoro si sviluppa su più livelli: le sezioni fiati sono dinamiche e potenti, richiamando le scritture orchestrali di Mingus ed Ellington, mentre il basso e la batteria costruiscono un’ossatura funk solida e coinvolgente. Il contributo del rapper Avex aggiunge un’ulteriore stratificazione al sound, con un flow incisivo che ben si sposa con le ritmiche sincopate e gli arrangiamenti ricchi di tensione armonica.
Uno degli elementi più sorprendenti è l’inserimento delle sonorità mediterranee e Klezmer, con la voce di Federica Orlandini che porta l’ascoltatore in un’altra dimensione sonora, spezzando la linearità del groove e inserendo elementi di world music in modo organico. Il risultato è un disco che non solo convince dal punto di vista dell’arrangiamento e dell’esecuzione, ma che si distingue anche per la sua capacità di rendere la complessità accessibile e fruibile, senza sacrificare l’intelligenza compositiva.
Underground Foxes è la dimostrazione che il jazz e il funk non sono solo generi del passato, ma linguaggi ancora capaci di parlare al presente, rinnovandosi senza perdere la loro anima.
I Venus Ship non sono solo una band, ma un collettivo con una forte identità sociale. Quanto è importante per voi il ruolo della musica nell’attivismo?
La musica può essere un buon mezzo per veicolare messaggi e raggiungere coscienze. Ovvio che da sola non può bastare, ma del resto anche noi siamo spesso impegnati nella nostra vita in lotte e impegno politico per temi che ci stanno a cuore.
Nel vostro album “Underground Foxes” rendete omaggio a figure storiche della lotta per i diritti civili. Come avete scelto i protagonisti dei vostri brani?
Le dediche e i riferimenti storici a cui ci riferiamo vogliono essere un tributo a chi ha lottato e spesso ha pagato caro il proprio impegno. Quando partecipiamo in prima persona a lotte e proteste che riteniamo sacrosante, ricordare chi ci ha preceduto dà maggiore forza alle nostre convinzioni.
Avete parlato di una società che dietro la facciata democratica persegue solo il profitto, calpestando diritti e ambiente. Qual è, secondo voi, il principale problema del mondo di oggi?
Il discorso di verità che il potere diffonde per difendere le scelte dei nostri amministratori tende a giustificare o a nascondere la questione profitto mascherandola sotto le forme abituali di un buon senso di bontà economica e democratica. Raccontare le storie di emarginazione, sfruttamento, corruzione e malafede ha un forte valore propositivo. Le coscienze che si risvegliano nelle lotte e la connessione di queste in un intento e disegno comune di smascheramento del potere è la risposta che ci auguriamo.
Anche la musica può essere una forma di resistenza culturale?
Più che di resistenza preferiamo parlare di lotta, che implica un impegno di partecipazione. Anche la musica comunque può concorrere in questa direzione.
Quale messaggio volete lasciare a chi ascolterà “Underground Foxes”?
Studiare e approfondire le storie del nostro recente passato a cui facciamo riferimento nel disco e nei live può dare grande motivazione all’impegno in prima persona; speriamo, oltre al piacere dell’ascolto, di suscitare curiosità in questo senso.